Sara Missaglia
Wine One Way

Il Nebbiolo delle Alpi e la tradizione gastronomica della Valtellina: quando il matrimonio è perfetto

Idee e curiosità per abbinare al meglio il vino valtellinese e i piatti tipici del territorio



Cos'è il nebbiolo delle Alpi?

Siamo italiani, si sa, la tavola è sovrana: non esiste network al mondo più efficace e piacevole della condivisione (fisica e spirituale) del buon cibo e del buon vino. Il nebbiolo delle Alpi, che localmente viene denominato chiavennasca, è infatti protagonista indiscusso di questo matrimonio molto speciale: vitigno raro ed esclusivo, è limitato ad aree con clima prealpino o alpino settentrionale. Nel nostro Paese è diffuso soprattutto in Piemonte, dove tra Langhe e Roero supera i 3000 ettari vitati, in Lombardia, dove sfiora i 1000 e in Valle d’Aosta, con appena 25. Uve uniche e nobili, dalla produzione limitata, a differenza dei più diffusi vitigni internazionali. Il nebbiolo ha tanti nomi: chiavennasca in Valtellina (dal dialetto ciù vinasca, ovvero più vinosa), spanna nel Nord Piemonte, picotener o picotendro in Valle d’Aosta e prünent nelle valli ossolane. Le ricerche effettuate dal CNR di Torino e dalla Fondazione Fojanini di Sondrio sul DNA del vitigno ci dicono che forse gli antenati sono rintracciabili nell’areale colturale alpino nord occidentale, mentre l’origine dei nomi si perde nella tradizione dialettale.

Le caratteristiche del territorio valtellinese

Ha una capacità unica di esprimere il territorio dove nasce, in grado di assecondare il territorio in cui viene allevato e valorizzare le specificità dell’ambiente pedoclimatico. Un vitigno complesso e difficile, a tratti capriccioso, esigente, ma che là dove trova le migliori condizioni riesce ad esprimere il meglio di sé. In Valtellina c’è un vento chiamato breva che consente l’allontanamento di tutto ciò che può essere nocivo per la salute della vite: elimina umidità, nebbie, e ristagni d’acqua che possono compromettere il frutto. Il clima è alpino ma mediamente il numero di ore di sole su base annua è simile a quello di Pantelleria: luoghi dove piove poco e dove il calore del sole è amplificato dalla pietra dei muretti a secco, la cui arte millenaria ha ridisegnato il paesaggio rurale storico valtellinese, creando i terrazzamenti che modellano il versante retico della Valle. 2500 km di percorsi, un labirinto che consente di camminare la terra, come diceva Veronelli. Da un lato il versante retico totalmente esposto al sole con orientamento est-ovest, dall’altro le Alpi Orobie, che proteggono la valle dalle correnti umide e dall’inquinamento della Pianura Padana.
  • Vista del paesaggio terrazzato sul versante retico delle Alpi. Ph: Federico Pollini

I vini valtellinesi

Microclima e sottosuolo di natura prevalentemente sabbiosa, dall’ampio effetto drenante, che conferisce ulteriore sanità alle uve: sono queste le caratteristiche di un ambiente unico, che si esprime nel calice attraverso il colore rosso. Il Rosso di Valtellina DOC, il Valtellina Superiore DOCG e lo Sforzato di Valtellina DOCG nascono qui, e le uve vendemmiate, sia fresche sia appassite, esprimono un patrimonio ricco e ricercato.

Il colore del nebbiolo è rosso rubino di media intensità nei vini giovani, che tende al granato e, con l’invecchiamento, raggiunge sfumature rosso mattone. Il nebbiolo non ha colori intensi, ma è dotato di trasparenze che ne amplificano l’eleganza. Chi non ama i tannini non può amare il nebbiolo si dice, perché si tratta di un vitigno caratterizzato da un accumulo di questi polifenoli nobili, prevalentemente concentrati nei vinaccioli. Dal punto di vista gustativo i tannini si traducono in note lievemente astringenti, ma che non condizionano negativamente la qualità finale del vino e che, dopo un periodo di affinamento, sono in grado di tradursi in aristocrazia e personalità.
Le sensazioni aromatiche olfattive del nebbiolo non sono mai invasive o prepotenti: il calice è in genere caratterizzato da un delicato ed elegante profumo floreale, tra la violetta di bosco e la rosa canina, ma anche da sensazioni fruttate che ricordano la ciliegia e la prugna, i lamponi e la mora, accompagnati da spezie esotiche come il cardamomo e il cumino, e ancora il ginepro, i chiodi di garofano, il pepe e la cannella. Dopo lunghi periodi di affinamento il nebbiolo rilascia sentori resinosi e balsamici, con note di cuoio e affumicate, funghi secchi, incenso, cipresso e legni profumati.
Il gusto è molto particolare: in gioventù può presentare tannini evidenti ma non amari, mentre con l’affinamento acquisisce corpo, eleganza e finezza: un vino sottile e con un’ottima freschezza. Il nebbiolo delle Alpi si esprime attraverso un’elevata sapidità, e al palato non è mai piatto monocorde, ma presenta una grande complessità retro-olfattiva, con intensità e persistenza.
  • Vigneto e chiesa Santa Casa Lauretana a Tresivio. Ph: Roberto Ganassa – Clickalps

Un calice di nebbiolo delle Alpi a tavola

Un calice di nebbiolo delle Alpi a tavola
Un calice di nebbiolo delle Alpi è perfetto in abbinamento alle preparazioni gastronomiche del territorio: i vini valtellinesi sono infatti gastronomici, richiamano e spesso esigono un abbinamento con il cibo. Sono piatti della tradizione, ricchi di sapori, struttura e persistenza, di grande aromaticità: le materie prime sono il grano saraceno, protagonista dei pizzoccheri, degli sciatt o della versione tiranese che prende il nome di chisciöi, i formaggi come il Valtellina Casera DOP o il Bitto DOP. Per non parlare della bresaola, un prodotto riconosciuto a Indicazione Geografica Protetta IGP. Piatti che, come i vini, esprimono un forte legame e una grande adesione col territorio.

L’abbinamento territoriale a tavola, ossia il connubio tra piatti tradizionali e i vini prodotti nella stessa zona è sicuramente vincente, ma risponde a criteri che nella degustazione sono fondamentali: nell’abbinamento cibo-vino è importante non dimenticare le sensazioni offerte da entrambi. La struttura di un piatto per varietà, complessità e intensità richiede sempre vini di ottimo corpo, così come cibi di grande aromaticità e speziatura creano un forte impatto gustativo e il vino, per non passare in secondo piano, deve possedere adeguata intensità gusto-olfattiva. Piatti persistenti richiedono vini di lunga memoria, perché possano sfumare lentamente al palato, consentendo la fusione delle sensazioni saporifere, tattili e gusto-olfattive. Persistenza, struttura e intensità viaggiano di pari passo tra cibo e vino, così come succulenza e aromaticità. Grassezza, untuosità e succulenza di alcune preparazioni sono infatti correttamente bilanciate dalle componenti sapide, tanniche e alcoliche del vino.

Pizzoccheri

C’è quindi una spiegazione: prendiamo ad esempio i pizzoccheri, un piatto di tradizione contadina a base di grano saraceno, arricchito dalla presenza di scaglie di formaggio Valtellina Casera DOP e di burro fuso. Il piatto trova nell’abbinamento con un Valtellina Superiore DOCG il connubio perfetto: la parte sapida del vino contrasta la sensazione di grassezza generata dalla presenza del formaggio, il tannino bilancia l’untuosità del burro fuso, e la componente alcolica contrasta la succulenza del piatto. Il dolce della patata bilancia le sensazioni amaricanti generate dalla farina di grano saraceno, e la piccantezza di una spolverata di pepe finale aggiunge sapore e aromaticità alla preparazione. Nulla avviene per caso.
  • Pizzoccheri valtellinesi

Sciatt

Passiamo ora agli sciatt, che ci aiutano a comprendere l’importanza dell’abbinamento valorizzando le sensazioni sia del cibo sia del vino: le frittelle di grano saraceno hanno all’interno una noce di formaggio che si fonde per effetto del calore nella frittura.

Anche in questo caso grassezza, untuosità e succulenza del piatto sono bilanciate dalle cosiddette durezze del vino (sapidità e tannicità), e la tendenza dolce del formaggio fuso è ravvivata dalla freschezza del vino dotato di buona acidità. Il fritto che causa scivolosità in bocca viene contrastato dalla presenza del tannino, che con effetto astringente elimina la sensazione sul palato. La tendenza talvolta amarognola della farina viene infine compensata dalla morbidezza del vino.
  • Sciatt della tradizione

Cibo della tradizione e vino del luogo: il matrimonio perfetto

L’abbinamento territoriale porta sempre al successo: è la storia che ce lo insegna, sono i nostri avi che sulla tavola portavano cibo della tradizione e vino del luogo.
Il risultato finale è sintetizzato nel concetto di armonia, dove in presenza di un elevato livello qualitativo del cibo e del vino si generano sensazioni piacevoli, eleganti, fini e tipiche.

Mangiare e bere cibo e vino di Valtellina: stare bene e in equilibrio. E quando le sensazioni tra natura, paesaggio, prodotti della terra e della vite sono perfette, le soddisfazioni sono davvero tante. God save wine and food!

Photo credits di copertina: Federico Pollini

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